Giovane suicida in carcere: "In cella con compagno depresso". La guardia: davamo un occhio in più

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In caso di detenuti a rischio di suicidio, "dobbiamo dare un occhio in più...", spiega al giudice Michele Spina una guardia carceraria, mentre in aula in diversi sgranano gli occhi. Seconda udienza del processo che vede imputato di omicidio colposo un 66enne psichiatra Ausl della casa circondariale di Ravenna (difeso dagli avvocati Guido Maffuccini e Delia Fornaro), in relazione al suicidio di un giovane detenuto cui, secondo l’accusa, aveva abbassato il rischio da medio a lieve. Giuseppe Defilippo, 23anni segnati da un’infanzia difficile, abuso di sostanze e precedenti tentativi di farla finita, fu trovato impiccato in cella il 16 settembre 2019. Nella prima udienza aveva parlato la madre, che aveva fatto riaprire le indagini dopo un iniziale tentativo di archiviazione. Ieri ha testimoniato una dottoressa del Centro di salute mentale alla quale, in qualità di medico di guardia, dal cercare arrivò la richiesta di una visita urgente. Nel referto del 5 settembre (undici giorni prima del suicidio), il medico consigliava una maggiore sorveglianza e una valutazione psichiatrica a breve, ravvisando nel detenuto "una richiesta di aiuto per problemi di ansia, chiedeva una modifica della terapia per stare meglio". Inoltre, aveva evidenziato "una potenziale condotta autolesiva mediante oggetti taglienti", una eventualità che il ragazzo stesso le paventò come "reazione alla restrizione e al fatto di non riuscire a parlare con i familiari".

La dottoressa era al corrente di un precedente ricovero per "assunzione incongrua di farmaci", ma in quell’occasione non ravvisò "risch...



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