''Non possiamo correre il rischio di trasformare un successo in un insuccesso''. Luca Dondi dall'Orologio, amministratore delegato di Nomisma, sintetizza così, in un'intervista a Paolo Rosato, la querelle del giorno. Il punto di partenza: con una certa spocchia liberal, il New York Times ha definito, parola più parola meno, Bologna un 'magnificio', un luogo, cioè, dove si mangia e basta. Troppi turisti famelici in giro. Il cibo, è la tesi, ha divorato tutto il resto: bellezza, storia, cultura. Il sindaco Lepore ha replicato a muso duro, e ha fatto bene. Ma lui stesso, tra le righe, ammette che qualche problemino esiste. I tavolini all'aperto e i taglieri in bella vista sono invitanti e folkloristici, ma quando sei costretto a fare lo slalom per passeggiare in via Orefici, qualcosa che non va c'è. Stesso discorso per gli affitti brevi: mercato drogato, prezzi alle stelle. Evidentemente il troppo stroppia. Il turismo è un bene, grazie ad esso Bologna ha fatto un salto di qualità. Ma anche le cose positive vanno gestite con criterio perché, appunto, il successo non degeneri in insuccesso. Ecco, semmai il problema di Bologna è proprio questo: la gestione del fenomeno. Che poi, a pensarci bene, si tratta di un deja vu. Perché quella dei turisti non è la prima invasione che la città conosce. L'esplosione della popolazione studentesca non è stata e non è da meno. Gli affitti drogati, con buona pace del New York Times, sono cominciati allora. E anche i bivacchi nelle piazze e il 'magnificio' (in questo caso più 'bevificio', e sorvoliamo sul 'cannificio'). E allora? Chiudiamo le ...
Il New York Times ha (quasi) torto
1 anno fa
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