"Uno scenario post apocalittico". Irene Testa, di Camerino, e il marito Carlos Garrigues Torres raccontano l’inferno di questi giorni. Lei vive in Spagna da undici anni, insegna in una scuola superiore al nord di Valencia, nel comune di Cheste. Torna nella città ducale, a cui è molto legata per familiari e amici, soprattutto durante le vacanze scolastiche. Testa e il marito, spagnolo, da martedì sono riusciti a riabbracciarsi solo sabato sera. Quando è arrivata la catastrofe, lui si trovava per lavoro a sud di Valencia, in uno degli attuali punti della zona rossa. Mentre lei era a casa col figlio di 11 anni, a Benicull de Xùquer, paesino di mille abitanti che è riuscito a salvarsi dall’alluvione perché sta a circa 30 metri sul livello del mare, in una posizione rialzata.
"Siamo rimasti isolati per due giorni interi, senza internet né telefono, senza sapere cosa stesse succedendo fuori – spiega la Testa –. Ma questa è una sorta di isola felice: siamo circondati dalle zone alluvionate. Basta arrivare alle porte di Benicull per vedere i paesi vicini sommersi dal fango". Martedì la scuola del figlio, in un’altra città, era stata chiusa per precauzione (scelta lasciata alla discrezionalità dei vari comuni perché non c’era un’ordinanza generale) e la Testa l’aveva portato con sé a Cheste. L’allerta meteo aveva preannunciato pioggia, così, finite le lezioni, avevano deciso di rientrare subito a casa. "Nel pomeriggio è piovuto tanto, è andata via la luce e siamo rimasti senza internet", spiega. Carlos intanto, agente commerciale, si trovava con due responsabili...

















