C’è sempre un telecronista che a un certo punto della partita butta lì un "questo bisognerebbe farlo vedere nelle scuole calcio". Vale anche per quello che ha fatto Cristian Shpendi domenica sera all’Orogel Stadium contro la Carrarese. I due gol che hanno affondato i toscani nel match finito 2-1? No, il sorriso col quale il numero 9 del Cavalluccio è entrato e uscito dal campo. Perché è da lì che lui comincia a fare la differenza. Shpendi domenica ha debuttato in B, ha un fratello gemello che gioca in A ed è reduce dal titolo di miglior marcatore del suo girone della C (con 20 reti bollate che se non fosse stato per l’infortunio finale sarebbero state anche di più). E’ entrato in uno stadio con 11.382 persone, osservato speciale della presidenza americana, dei tifosi e degli avversari. Era sotto pressione, ovviamente. Eppure rideva con uno di quei sorrisi da ragazzo del 2003 che va a divertirsi con gli amici. Perché è questo che fa Cristian in campo, si diverte. Ed è questo che si dovrebbe far vedere nelle scuole calcio. Poi sì, segna. A prescindere da chi siano quelli che cercano di sfilargli la palla dai piedi.
Aveva chiuso la stagione della promozione da capocannoniere, ha iniziato in cadetteria con due gol, che vanno ad aggiungersi alla rete rifilata al Padova e a quella segnata a Verona durante i primi due turni di Coppa. E’ partito fortissimo, ma già non gli basta: "C’è sempre da migliorare e in particolare al termine di ogni gara arriva un buonissimo momento per farlo: serve analizzare le cose sbagliate, con l’intento di non ricadere negli stessi...













